La chiesa cattolico-bizantina di Piana degli Albanesi possiede un vasto patrimonio musicale che accompagna interamente la complessa articolazione dell’anno liturgico.
Le celebrazioni settimanali e festive e le diverse Ufficiature appaiono sempre riccamente adornate da un incessante contrappunto di melodie. Secondo quanto prescrive la ritualità bizantina, la recitazione si addice alle preghiere segrete sussurrate dal Celebrante, al Padre Nostro e al Credo che si levano dall’assemblea. Tutto il resto è canto: dalle brevi modulazioni declamatorie (ekfónesis) dei diaconi ai salmi intonati dai sacerdoti, dalle schematiche formule di cantillazione delle Letture e dei Vangeli, ai fastosi inni eseguiti dai fedeli. Attraverso il puro fluire del mélos, senza alcun ausilio di strumenti musicali, la parola si sottrae all’uso della comunicazione quotidiana e diviene espressione di preghiera.
La trasmissione dei canti avviene, ancora oggi, quasi interamente mediante tradizione orale. Per il loro rilevante valore documentario a partire dagli inizi del ‘900 sono state tramandate molte testimonianze manoscritte su pentagramma, redatte da sacerdoti o monaci con l’intento di salvaguardare l’integrità della tradizione sacra.
Fino a qualche decennio fa i canti erano eseguiti esclusivamente in greco, ma oggi sono state adottate diverse traduzioni in italiano e soprattutto in albanese (papás Gjergji Schirò).
Le forme poetico-musicali oggi in uso sono quelle dell’innografia bizantina: dalle semplici linee del tropario alla complessità del contacio e del canone. Forme “minori” sono la katavasía, il theotokíon, lo stikirón. Elemento fondamentale, anche nelle forme più composite, è il tropárion, sorta di inno monostrofico a schema e metro liberi che assume nomi diversi a seconda delle sue caratteristiche o del soggetto.
La grammatica musicale del repertorio liturgico arbëresh, analogamente alle antiche musiche del Mediterraneo, al canto gregoriano o alle culture di interesse etnomusicologico, non è basata sulla sensibilità tonale e sulla opposizione fra modi maggiori e minori che caratterizza la musica euroculta. Il suo sistema musicale è infatti di tipo modale e rimanda alla teoria bizantina dell’oktoíchos.
Il repertorio è fruito dai fedeli per trasmissione orale dei canti, nei termini illustrati, consente ai fedeli in difetto di conoscenze musicali tecniche, di appropriarsi di un patrimonio che, secondo le occasioni, provoca atmosfere di grande suggestione psicologica e di profonda adesione spirituale. La tradizione musicale liturgica è, quindi, anche espressione di processi di auto identificazione che rinforzano il senso di appartenenza alla comunità. La musica bizantina, assieme alla lingua, al rito, al costume, alle icone, costituisce dunque un essenziale tassello per la ricostruzione di quel mosaico di peculiarità che conferisce agli Arbëreshë di Sicilia un’identità culturale solida e vitale.