Gioacchino Cataldo, nato a Favignana nel 1941, è profondo conoscitore dell'arte della mattanza. Ex rais (dall'arabo ra’īs, ossia “capo”, in quanto appunto il capo delle operazioni di pesca), è un grande divulgatore della tradizione millenaria della pesca del tonno.
Per mezzo della costruzione di un “palazzo nel mare” (vasto trentamila metri quadrati e profondo dai trenta ai quaranta metri), reti a maglie sempre più fitte conducono i tonni, attraverso un percorso obbligato, fino alla camera della morte, ovvero alla mattanza.
L’istinto della riproduzione porta i tonni dalle acque dell’Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra, nel Mediterraneo. Sono tonni sempre più piccoli ed in numero decisamente inferiore rispetto ai decenni passati. Ciò anche perché ad arrivare nel Mediterraneo sono solo i tonni che sfuggono alle gigantesche reti dei pescherecci, soprattutto giapponesi, stanzianti proprio nelle acque dello Stretto di Gibilterra.
Gioacchino Cataldo è anche profondo conoscitore dei numeri della mattanza, ossia quante cime, reti, barche, tonni, giorni e uomini, i cosiddetti “tonnaroti”. Nella Camparìa (dal siciliano campare, nominata così dagli operai della tonnara perché dava lavoro a tanti abitanti dell'isola di Favignana), vengono riposti proprio gli attrezzi del mestiere, montagne di reti e di cime, tutte fatte a mano, tutte sapientemente collocate a seconda della destinazione e dell’uso. E Gioacchino Cataldo le conosce tutte le sue reti: quelle che vengono disposte per prime, a croce, secondo i quattro punti cardinali; e poi, via via, le altre, a maglie sempre più fitte sino a sembrare tappeti, issate o calate dai tonnaroti, mentre canti del lavoro d’antica origine araba assecondano la fatica d’un lavoro che coniuga forza fisica e intelligenza umana.