La folkloristica cavalcata si svolge ogni anno, solitamente il sabato successivo il 19 marzo, nel quartiere che ospita la Chiesa di San Giuseppe.
Ricca di suggestioni è la lunga e laboriosa preparazione delle straordinarie bardature dei cavalli: nei dammusi, ambienti al piano terra delle abitazioni, un gran numero di persone, su una orditura di rami di palme, oggi largamente sostituiti dalla tela di iuta, intesse variopinti fiori di “violacciocca”, in siciliano u bàlucu, componendo così magnifiche immagini raffiguranti la Sacra Famiglia e svariati simboli sacri.
I cavalli, così originalmente bardati e montati da cavalieri vestiti con i caratteristici costumi della tradizione contadina (v. Note), muovono da un unico punto di raccolta, in prossimità della piazza principale della città, dirigendosi verso il sagrato della chiesa dedicata al Santo. Qui, una commissione esterna esamina l'originalità e l'effetto scenografico delle bardature e dei gruppi di cavalieri e subito dopo, in un tripudio di suoni e al grido di “Patrià, Patrià, Patriarca!”, il coloratissimo corteo, con la Sacra Famiglia in testa, si snoda per le vie della città. Lungo il percorso, in vari punti sono accesi i pagghiara, ossia dei falò attorno ai quali si raccoglie la gente del vicinato in attesa del passaggio della Sacra Famiglia.
Poi, ad accrescere la suggestione della caratteristica sfilata, i ciaccari, ossia fasci creati con foglie di ampelodesmo (tipica pianta delle regioni mediterranee), accesi e utilizzati dai cavalieri e dal popolo per "far luce" alla Santa Famiglia.
Molto sentita è la competizione tra i gruppi dei bardatori, decoratori che mettono il massimo impegno nel realizzare manufatti di altissimo pregio artistico ed artigianale. Le migliori bardature vengono quindi premiate dal comitato che organizza la festa.
Già da diversi anni, la rete di distribuzione del gas metano, sottostante alla pavimentazione stradale, non consente più la realizzazione dei falò che venivano accesi per far luce al passaggio della Sacra Famiglia e dove venivano arrostite salsicce, braciole e consumate succulente pietanze a base di carne. Al contrario, si preparano piccoli falò, magari arrostendo la carne sulle fornacelle. Restano tuttavia intatti gli elementi dell'antico rito e, con essi, il fascino e la suggestione della festa: il fuoco, elemento sacro dal chiaro significato catartico; la violacciocca, fiore primaverile che celebra la fine dei rigori invernali e il risveglio della vita; il fascino di un evento dalle forti connotazioni aggreganti, nel quale l'intera comunità cittadina ancora oggi si riconosce.
La domenica successiva al 19 marzo è poi, solitamente, il giorno della Processione di San Giuseppe, al termine della quale, sul sagrato della chiesa intitolata al Santo, si svolge la tradizionale Cena di San Giuseppe.
Durante i giorni di festa, viene organizzata una fiera-mercato con esposizione e degustazione di prodotti tipici sciclitani, come ad esempio u cucciddatu, dolce tipico di San Giuseppe, e u fagiolo cosaruciaro, tipica varietà di fagiolo sciclitano, chiamato così perché dolce al gusto (cosa ruci, ossia “cosa dolce”).